Il Presidente della FederEsuli Dott. Antonio Ballarin partecipa, in platea, al Convegno indetto da ANPI
Numerose le critiche suscitate dal seminario organizzato dall’Associazione nazionale partigiani italiani (ANPI) al Senato e proprio nel periodo della commemorazione del “Giorno del Ricordo”. La FederEsuli non era stata invitata al tavolo, come nessuna altra Associazione di Profughi Istriani, Giuliani e Dalmati, ma il Presidente Dott. Antonio Ballarin ha partecipato, in platea (vedi anche l’articolo di Elena Barlozzari, de “IlGiornale.it“, che ne ha riportato i commenti salienti).
Lo abbiamo intervistato:
“Dott. Ballarin, ci racconti del seminario al quale ha partecipato il 4 febbraio dal titolo “Il Fascismo di Confine e il Dramma Delle Foibe” tenutosi nella sala della Biblioteca del Senato ed al quale Lei non era stato invitato”.
Sì, infatti. Non sono stato invitato e come me non è stata invitata alcuna associazione di Esuli. Io mi sono iscritto tramite email ed all’inizio della sessione Fabrizio De Sanctis, Presidente ANPI provinciale di Roma, menziona la mia partecipazione ringraziando. Un riconoscimento positivo, pertanto, nei confronti del mondo delle Associazioni di Profughi Istriani, Giuliani e Dalmati, sebbene ancora una volta l’esposizione dei partecipanti al tavolo abbia visto emergere la visione giustificazionista della storia al posto della realtà degli eventi. Titolo compreso.
“Ci spieghi meglio”.
Nella narrazione giustificazionista, infatti, è il modo di raccontare la storia che amareggia. In tale tipo di narrazione si citano fatti fedeli alla storia, ma messi in una sequenza tale per cui, alla fine, l’assemblea viene indotta a pensare che le azioni e gli eventi del periodo possano, oggi, in qualche modo, essere discolpati. Si è asserito di sfatare il mito che sia stata una pulizia etnica e si è parlato del cosiddetto “Fascismo di Confine”, dell’invasione della Jugoslavia e dell’Africa, caratterizzando questi tre vissuti quale scusante di quanto avvenuto in seguito.
La narrazione giustificazionista porta a dire che l’avvento del fascismo e la nazionalizzazione degli slavi locali abbiano generato l’acredine che ha causato, in seguito il fenomeno delle Foibe. Senza neppure citare l’Esodo. Ma facendo, anzi, intendere l’Esodo quale conseguenza causata dagli infoibamenti.
“Una visione parziale?”
Un modo di raccontare che omette parte della realtà. Quella parte della verità che, invece, noi abbiamo vissuto e continuiamo a percepire sulla nostra pelle come Associazioni. La realtà degli eventi che hanno avuto luogo prima del 1915 e dal 1945 in poi. Due elementi basilari.
Parliamo del primo. Innanzitutto viene totalmente dimenticato che l’inizio dell’odio etnico tra slavi ed italiani ha una data precisa. La vera data di inizio della Questione del Confine Orientale: Il 12 novembre del 1866. Quando, all’indomani della 3° guerra di indipendenza finita nell’agosto del 1866 con la sonora sconfitta dell’Italia, la corona Asburgica indice una riunione nella quale si stabilisce che l’elemento italiano all’interno del Regno Asburgico è un elemento pericoloso, per cui ove ci sono gli italiani occorre tedeschizzare oppure slavizzare, a seconda delle regioni, quelle terre. Tedeschizzare le zone dell’Alto Adige. Slavizzare il litorale, la Dalmazia. Lo si dice negli stessi atti dell’incontro. Si dichiara che debba essere usata l’istruzione, la stampa, la magistratura e qualsiasi altro tipo di strumento finalizzato ad emarginare l’elemento italofono. Così, in Dalmazia inizia la persecuzione e la snazionalizzazione di tutta l’italianità. Caso emblematico ne è stata l’isoletta di Lissa con il 95% della popolazione istro-veneta ed italofona ridotta al 2,5% durante i successivi trent’anni. Da lì nasce il primo Esodo dei Dalmati, dal 1870 e va avanti fino alla I Guerra Mondiale. Questo è un passaggio fondamentale mai citato.
Alla fine della I Guerra Mondiale avviene una riassegnazione di territori ma la maggior parte delle isole della Dalmazia non viene riassegnata all’Italia. Anche Veglia, a dispetto del suo 75% di popolazione italofona.
Rimangono all’Italia Cherso e Lussino, impossibili da slavizzare all’epoca a causa della stragrande maggioranza italiana.
In compenso, nel Trattato di Rapallo, vengono ceduti all’Italia dei territori che di italiano non avevano nulla, i territori a nord di Trieste, il Carso, sostanzialmente, che è sempre stato invece popolato dagli slavi. Quello che succede alla fine della prima guerra mondiale e con l’avvento del movimento Fascista, quindi, è esattamente il contraltare di quello che era successo nel mondo slavo nei confronti del mondo asburgico tra slavi ed italiani. La storia è andata esattamente così e tale passaggio viene completamente omesso. Per cui non si capisce che l’odio etnico viene istigato dagli Asburgo nei confronti degli slavi contro gli italiani. Non si può omettere questo se si vuole parlare delle complesse vicende del Confine Orientale.
Il secondo elemento mai citato in simili convegni è quanto avvenuto in quelle terre dopo la fine della II Guerra Mondiale. Dal 1945 in poi vengono commessi una quantità di crimini, tra pestaggi, efferate esecuzioni, stupri, massacri, stragi, violenze di ogni genere che vanno avanti ben oltre il 1945 e fino a tutti gli anni ’50. Basta guardare agli eventi. La strage di Vergarolla, ad esempio, avvenne nel ‘46, a guerra finita. Abbiamo, inoltre, testimonianze di persone che vengono uccise nel ’56. E tutto questo dramma che avviene dopo la guerra non è spiegabile se non dall’odio nei confronti degli italiani.
Questa è un’altra omissione che viene fatta all’interno della narrazione giustificazionista.
“Cosa auspichereste voi come associazione per una narrazione storica corretta?”
Quello che il mondo delle nostre Associazioni chiede è: se parliamo delle complesse vicende del Confine Orientale citiamole tutte. In simili convegni chiediamo che venga data la parola anche alle Associazioni degli Esuli, altrimenti la storia sarà sempre una storia di parte e non porterà mai ad una corretta visione di ciò che è stato, ma soprattutto non riusciremo mai a costruire una memoria condivisa. Partiamo dai fatti. Raccontiamo i fatti. Ma citiamoli tutti. Quello che è successo prima della I Guerra Mondiale e quello che è successo dopo la II Guerra Mondiale
Questa è la critica che noi facciamo a questo genere di convegni.
“Vuole aggiungere altro?”
Sì, vorrei evidenziare un elemento che mi ha fatto piacere. Nella sala del seminario, appoggiata su ogni sedile, gli organizzatori avevano messo una dispensa con il riassunto del seminario precedente, tenutosi a Milano nel 2016. Anche in quel seminario, organizzato sempre dall’ANPI, noi non fummo invitati ma anche lì si presentarono tra il pubblico le nostre Associazioni. La dispensa trovata ieri sui sedili riporta una bella introduzione di Carlo Smuraglia nella quale egli cita il fatto che già due anni prima di quel seminario, ovvero 2013/2014, io avevo proposto un tavolo comune tra le Associazioni dell’Esodo e l’ANPI. Poi non se ne fece nulla e due anni dopo si fece il seminario del 2016. Nella premessa che scrive, e che ritroviamo nella dispensa, Carlo Smuraglia riporta esattamente le parole che gli avevo detto, ovvero che <<dovevamo aggiornare lo studio della commissione italo-slovena redatto tempo addietro poiché insufficiente come elemento descrittivo di quanto in realtà avvenuto in quelle terre e che dovevamo lavorare ad una memoria condivisa>>. Lui riporta esattamente questo. Ed è con questa dispensa in mano che sono andato a parlare con Gianfranco Pagliarulo, Vice Presidente Nazionale ANPI, al quale ho sollecitato ancora una volta l’organizzazione di una tavola rotonda comune tra Associazioni ed ANPI, nella quale anche noi ed i nostri studiosi abbiamo diritto di parola.
Speriamo di riuscire finalmente ad organizzarla.
“Grazie Dott. Ballarin”