Celebrata anche a Trieste la “Giornata della liberazione della città dall’occupazione jugoslava”.


Cerimonie che hanno visto larga partecipazione da parte della cittadinanza nel ricordo della fine dei quaranta giorni dell’occupazione titina ad ottant’anni di distanza. Il commento del Vicepresidente di FederEsuli e il ricordo nelle parole di Monsignor Santin, defensor civitatis.

Questa mattina all’alzabandiera, il tricolore sventola su Piazza dell’Unità d’Italia, ma non è stato come accade in tutti gli altri momenti di ricorrenza: le cerimonie di oggi hanno un significato diverso, più intenso, perché si celebrano gli ottant’anni del ritorno di Trieste alla madrepatria, quella stessa che gli invasori titini volevano sottrarci, come è avvenuto per l’Istria e la Dalmazia. Il 12 giugno ha per i triestini e per l’Italia intera, un significato di libertà e ritorno alla vita. FederEsuli è da sempre alla ricerca  della verità storica: la data odierna risulta essere inconfutabile momento della storia di una città che ha pagato con il prezzo di vite umane la sua volontà di appartenere all’Italia”.

Queste le parole di Fabio Tognoni Vicepresidente di FederEsuli che ha preso parte alle celebrazioni per gli ottant’anni della fine dell’occupazione jugoslava della Venezia Giulia e della zona di Pola. In alcuni comuni della provincia di Trieste e nella città di Gorizia la giornata del 12 giugno, viene ricordata come una fase cruciale per il territorio, che ha segnato la fine di un periodo buio di quaranta giorni, contrassegnato da repressione, deportazioni e uccisioni.

Il Comune di Trieste ha istituito la ricorrenza nel 2020, ricordando il 12 giugno come la “Giornata della liberazione della città dall’occupazione jugoslava”. Il programma, al quale ha partecipato larga parte di cittadini, scolaresche, istituzioni civili e militari, ha previsto la solenne commemorazione in Sala del Consiglio, la cerimonia dell’alzabandiera in Piazza dell’Unità d’Italia, una deposizione di corona d’allora nel Parco della Rimembranza sul Colle di san Giusto, presso la lapide che ricorda l’evento, a cui segue in serata, l’ammainabandiera solenne.

Vogliamo ricordare quei tragici giorni, con le parole dell’allora Vescovo di Trieste, Monsignor Antonio Santin che così ripercorreva in un suo scritto, i fatti accaduti in città:

Vivissimo era l’allarme e lo spavento invadeva tutti.. .In città dominava la violenza contro tutto ciò che era italiano. Tutti i giorni dimostrazioni di Sloveni convogliati in città, bandiere jugoslave e rosse imposte alle finestre. Centinaia e centinaia d’inermi cittadini, Guardie di Finanza e Funzionari civili, prelevati solo perché Italiani, furono precipitati nelle foibe di Basovizza e Opicina. Legati con filo spinato, venivano collocati sull’orlo della foiba e poi uccisi con scariche di mitragliatrice e precipitati nel fondo. Vi fu qualcuno che, colpito, cadde sui corpi giacenti sul fondo e poi, ripresi i sensi per la frescura dell’ambiente, riuscì lentamente di notte ad arrampicarsi aggrappandosi alle sporgenze e ad uscirne. Uno di questi venne a Trieste da me e mi narrò la sua tragica avventura”