Al termine del mandato di Presidenza della Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati è possibile fare qualche considerazione pensando all’attività svolta e ad un tempo esprimere un indirizzo rivolto a chi subentrerà nell’incarico.
Premetto subito che sono fermamente convinto che ove i risultati della gestione della Federazione vengano valutati positivamente sarebbe auspicabile che venisse mantenuta una continuità fra le politiche da seguirsi.
Vorrei essere il più sintetico possibile per non annoiare il lettore.
Inizio col ricordare che il ruolo di Presidente della FederEsuli non è né facile né semplice, in quanto le associazioni che compongono la Federazione hanno ognuna loro caratteristiche che vanno tenute presenti e rispettate.
È indispensabile una gestione collegiale delle nostre attività che tenga conto di tali specificità, ma è nei confronti delle istituzioni che ci deve essere unitarietà e l’interlocutore rappresentativo del nostro mondo deve essere unico. Fughe in avanti o battaglie di retroguardia non ci riguardano, il percorso seguito durante il mio mandato è stato lineare e condiviso in maniera unanime. Oggi le associazioni rappresentano una fonte alla quale attingere per trovare la memoria dell’esodo ed è un lavoro che tutte realizzano in maniera corretta e con ottimi rapporti sul territorio. Ma ad un tempo costituiscono la base per la trasmissione ai giovani della nostra memoria storica.
Restano ancora aperte questioni che riguardano i diritti degli esuli ed è qui che la voce deve essere unica e riconosciuta da parte delle istituzioni, che non sempre hanno la sensibilità o la conoscenza adatte per comprendere le varie sfaccettature del nostro microcosmo.
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Particolarmente significativo l’indirizzo che abbiamo seguito nei confronti degli italiani di oltreconfine, indirizzo che tiene conto del tendenziale miglioramento dei rapporti con le Repubbliche vicine.
Il primo passo è stato il riconoscimento delle comunità italiane autoctone come nostri interlocutori, senza pregiudizi ideologici ed evitando di rispolverare contrapposizioni e responsabilità che ricadevano sulla prima generazione di esuli e rimasti. Dimostrare una rinnovata unitarietà tra i discendenti di chi se ne andò e di chi rimase rappresenta una forza nei rapporti istituzionali, soprattutto per le Comunità Italiane, in cui le nuove generazioni stanno scoprendo le proprie radici nazionali e guardano con curiosità a chi ha conservato in esilio dialetto, tradizioni e abitudini culinarie. Da parte nostra abbiamo compreso che se non fosse rimasta quella ridotta aliquota della componente italiana nell’Adriatico orientale, oggi resterebbero solo le pietre a testimoniare il retaggio storico di quelle terre, come se fossero i ruderi di un’antica civiltà. Il ritorno culturale rafforza le radici negli esuli di seconda e terza generazione e contribuisce a promuovere eventi che ribadiscono l’italianità senza ridurla a folklore e senza rinnovare revanscismi che nel contesto europeo odierno non hanno ragion d’essere. Andare a Pola, Fiume o Zara è ormai come andare in qualsiasi località italiana, non ci sono confini, non ci sono cambi di valuta e sentire l’istroveneto ci fa sentire a casa.
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Con Slovenia e Croazia c’è stato il riconoscimento delle reciproche sofferenze nell’epoca degli opposti nazionalismi e dei totalitarismi ed emerge la consapevolezza che il titoismo ha arrecato lutti e oppressione per tutte le comunità nazionali della Venezia Giulia. L’identificazione e l’adeguata segnalazione dei luoghi di sepoltura delle stragi titine è un percorso che riguarda anche i tanti deportati e sequestrati italiani mai più tornati a Trieste, Gorizia, Fiume, Zara ed in Istria. Auspichiamo di essere pienamente coinvolti nelle ricerche in Slovenia e Croazia per poter ottenere risultati importanti come sono stati il recupero e l’identificazione dei resti del Senatore Riccardo Gigante e delle altre vittime della fossa comune di Castua e dei marò fucilati a Ossero.
La mappatura e la segnalazione con apposita cartellonistica plurilingue delle foibe e delle sepolture è uno degli obiettivi a breve termine che ci siamo posti e sui cui stiamo lavorando. In vari contesti locali la comunità italiana è perfettamente integrata nel tessuto sociale ed istituzionale cittadino e la storia della frattura rappresentata dall’esodo è conosciuta. Ricordare visivamente i luoghi delle sepolture dei civili è un obiettivo in linea con valori di civiltà europea ma soprattutto un dovere cristiano che dovrebbe essere sentito dalla componente croata e slovena del territorio. Ci auguriamo di non sbagliare. Al momento abbiamo conseguito un sicuro consenso da parte della sola Unione italiana con cui abbiamo concordato un comune programma finalizzato alla realizzazione del nostro progetto. Ma siamo anche convinti che è del tutto inammissibile che dopo ottanta anni ancora lo sciovinismo degli ambienti politici locali impedisca di onorare le vittime civili delle stragi titine. Vedremo.
I rapporti di buon vicinato hanno portato alla condivisione di politiche destinate alla sicurezza ed alla lotta all’immigrazione clandestina. Molti auspicano che si giunga a riaprire il dossier del Trattato di Osimo, in cui l’onere del risarcimento dei beni abbandonati nella ex Zona B ricade su Lubiana e Zagabria in quanto stati successori della Jugoslavia. Siamo d’accordo sul chiarimento che dopo tanti anni andrebbe in fine trovato per chiudere le questioni economiche.
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Nel corso degli anni i rapporti col Governo si sono consolidati anche se non tutti i tavoli di confronto hanno dato i risultati auspicati.
I migliori risultati sono giunti sul versante scolastico: il Tavolo Ministero dell’Istruzione – Associazioni degli Esuli ha lavorato in maniera egregia durante ogni legislatura e con qualunque maggioranza esprimesse il titolare del dicastero di Viale Trastevere. Nella scorsa legislatura non è stato invece mai convocato il tavolo tecnico Presidenza del Consiglio dei Ministri – Associazioni degli Esuli: nei mesi scorsi ha lavorato bene un tavolo di coordinamento per le manifestazioni del Giorno del Ricordo, che ha avuto nel Treno del Ricordo il suo più brillante risultato. Comunque restiamo in attesa di tornare a parlare delle problematiche ancora irrisolte che ci riguardano.
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La scuola può fare molto per mantenere la memoria di Esodo e Foibe.
Siamo partiti dal seminario nazionale di aggiornamento e da un concorso scolastico ed oggi abbiamo anche seminari regionali di formazione, una scuola estiva di alta formazione, studenti e docenti che partecipano al Concorso 10 Febbraio con sempre maggiore cognizione di causa ed un documento importantissimo come le Linee Guida per la Didattica della Frontiera Adriatica. Gli eventi seminariali organizzati hanno raccolto attorno a noi studiosi e ricercatori che hanno contribuito all’arricchimento formativo dei docenti, ma hanno anche consolidato collaborazioni con il nostro ambiente. Docenti che si sono formati in questo ambito hanno poi scritto pubblicazioni didattiche ed hanno realizzato i quaderni operativi che con un approccio multimediale conciliano le linee guida con l’esperienza immersiva di M9 – Museo del ‘900, che sta dedicando sempre più attenzione alla nostra storia.
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Vorrei sottolineare il miglioramento dei nostri rapporti con le Istituzioni della Repubblica.
Il progressivo avvicinamento del Presidente Mattarella alla nostra storia ha consentito di rendere le cerimonie del Giorno del Ricordo non un ripetitivo rituale, bensì un appuntamento che ha dato sempre più visibilità alle pagine di storia nazionale che ci riguardano. I nostri testimoni accolti al Quirinale e presenti in prima fila, le premiazioni degli studenti vincitori del Concorso 10 Febbraio, le brevi ma significative relazioni che i nostri rappresentanti hanno tenuto e gli interventi del Capo dello Stato hanno dato risalto, al di là della diretta televisiva, alla nostra vicenda. In parallelo è aumentata in modo evidente l’attenzione dei mezzi di informazione con interviste e documentari. Il Presidente Mattarella ha con insistenza riconosciuto il ruolo delle associazioni nella conservazione della memoria delle foibe e dell’esodo. I sondaggi dimostrano che la conoscenza si è allargata, quindi il Giorno del Ricordo e lo svolgimento delle cerimonie ufficiali non devono dimenticare i riferimenti storici, ma bisogna guardare soprattutto alla prospettiva futura: definire l’identità degli esuli di ultima generazione, ribadire il rapporto con i connazionali di oltre Adriatico e contestualizzare foibe ed esodo come fenomeni di rilevanza europea.
Pensando alla diffusione della conoscenza nel futuro voglio ricordare lo sforzo fatto dalla associazione Coordinamento Adriatico per installare nella sede romana del Vittoriano una mostra dedicata all’Esodo che anticipi la realizzazione di un prossimo museo nazionale che l’attuale Governo vuol dedicare al nostro tema. Il lavoro è avanzato e voglio essere ottimista sul nostro impegno per una non lontana realizzazione di questa importante iniziativa caldeggiata dal Ministero della Cultura.
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Conclusivamente, credo che negli anni trascorsi siano sensibilmente mutati i termini delle questioni con cui ci confrontiamo. La scomparsa del confronto col blocco comunista, il progredire della unificazione economica europea, la faticosa condivisione nelle vicine repubbliche dei valori liberali, hanno avuto impatto anche sulla conoscenza dell’Esodo e delle sue drammatiche cause. La politica non può più ignorare una componente della storia nazionale e con l’aiuto delle Istituzioni si è rafforzato il ruolo delle nostre associazioni. Ma abbiamo e continueremo ad avere palesi ostilità in Italia e fuori confine. Non trascuriamo i rigurgiti di riduzionismo e negazionismo che periodicamente dobbiamo verificare in frange antinazionali della politica e della cultura italiana. Oltre confine soprattutto in Croazia persistono i nostalgici dello stragismo titino che insieme a un clero nazionalista retrogrado negano la conoscibilità dei luoghi di sepoltura delle vittime civili della terribile stagione delle foibe.
Il Presidente di FederEsuli
Prof. Giuseppe de Vergottini