IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DI FEDERESULI PER IL GIORNO DEL RICORDO


IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DI FEDERESULI PER IL GIORNO DEL RICORDO

Quale significato ha il Giorno del Ricordo.

La memoria è qualcosa diversa dal ricordo?

Ovviamente sì.

Il ricordo è il far riaffiorare alla mente qualcosa che esisteva e oggi non c’è più. Possono esserci, al più, ricordi comuni, condivisi, ma sempre nella sfera dell’amarcord vengono confinati, cioè vengono confinati in qualcosa che fu ed ora non più. Senza prospettiva.

La memoria, invece, è un’altra categoria umana. È qualcosa che partendo dal passato o da ciò che è stato, si fa presenza, si fa immanenza. La radice trova la sua fioritura nell’oggi. In sintesi, la memoria si fa prospettiva.

Ma prospettiva di cosa? Quale valore ultimo porta una memoria?

È qui che si gioca il senso del “Giorno del Ricordo” poiché questo giorno sia un monito affinché ciò che è accaduto non accada più.

Gli abomini patiti dal Popolo istriano, fiumano e dalmata siano di esortazione ai cuori ed alle menti umane, affinché una stagione di pace e tolleranza prosperi duratura. Affinché la sofferenza, la violenza gratuita, l’emarginazione da noi subita non abbiano più cittadinanza per nessun gruppo etnico, religioso, politico, né a causa delle idee professate, né in base allo status sociale degli individui. Affinché l’agire degli uomini e delle donne possa essere governato in spirito di fratellanza. Affinché i diritti umani siano rispettati, anche se alcuni dei nostri attendono di esserlo da decine di anni. E perché la verità guidi le azioni ed i giudizi delle persone.

La memoria è sterile se non sa generare un’etica positiva nella nostra società.

Ma la memoria che nel “Giorno del Ricordo” viene celebrata, necessariamente induce ad un senso di identità.

Che cosa è, dunque, l’identità?

Identità significa chiedersi: “io chi sono?” ed è naturale che una domanda di questo tipo non possa non mettere in relazione il sé con l’Assoluto, con quel senso che supera la nostra immanenza e guarda l’infinito.

“Noi chi siamo?” è la domanda quasi urlata dell’uomo moderno che davanti ad una sciagura, ad una difficoltà nella vita, lancia verso l’universo attorno a sé.

Senza identità l’uomo è nulla, privo di storia e prospettiva.

Ciò è vero per noi, dove la nostra identità umana è forte e rimarcabile, ma è vero anche per tutti gli uomini e le donne di questo mondo.

Dunque il “Giorno del Ricordo” è un richiamo profondo alla propria identità esistenziale. Partendo dalla sofferenza patita che accentua un senso di appartenenza, il “Giorno del Ricordo” deve saper proiettarci al senso ultimo delle cose. Deve essere capace di interrogarci sul chi siamo, su quale destino abbiamo, su quale sia la nostra missione in questa vita.

L’oblio, la negazione, la frustrazione, ha indotto in noi un senso di appartenenza più forte, più pervicace nella nostra vita. A noi è stata data una scelta: tramutare tutto in ciò in acrimonia, asprezza, negatività, oppure, in lezione da trasmettere per amore a chi, più giovane di noi, non ricada negli schemi diabolici della sopraffazione causata da una diversità.

Proprio quest’ultimo atteggiamento è quello in grado di segnare una prospettiva positiva per ciascuno di noi e per la gente intorno a noi: costruire il bene, essendo profondamente coscienti che se non lo si fa, inevitabilmente, si costruirà il male e la storia drammatica subita dai nostri padri e da noi stessi, sarà destinata a ripetersi in una sorta di maledizione senza fine.

Tutto ciò è una possibilità umana, ma quanto meglio ci fa sentire una identità che, testimoniando ciò che il mondo ha negato per anni, è anche in grado di costruire il bene nella nostra società e nella nostra vita?

È questo, dunque, il nostro compito: trasferire la memoria di un dolore come testimonianza di appartenenza umana ad una identità, finalizzandola alla costruzione di un mondo dove la coscienza del male sia talmente spaventosa da indurre gli uomini a porsi la domanda fatale: “ma io chi sono?”.

Se in questi anni anche pochi di noi sono stati in grado di attivare una simile coscienza nei cuori degli uomini, tutta la nostra sofferenza non sarà stata vana.

10 Febbraio 2020

Dott. Antonio Ballarin

Presidente FederEsuli