Il Presidente della Slovenia Borut Pahor ed il Presidente Mattarella a Basovizza
In merito alla imminente visita del Presidente della Slovenia Borut Pahor e del Presidente Mattarella al Monumento Nazionale della Foiba di Basovizza, la Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati ha elaborato un documento di sintesi politica sull’importanza dell’evento.
Il mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata rappresentato da queste Associazioni ripone grandi aspettative per quanto scaturirà come conseguenza di tale storica visita.
Alleghiamo, di seguito, il testo elaborato.
L’evento sarà trasmesso in diretta da RAI 1.
BASOVIZZA, 13 LUGLIO 2020
LE ATTESE DEL MONDO DELL’ESODO GIULIANO-DALMATA CONSEGUENTI ALLA STORICA VISITA ALLA FOIBA DEI PRESIDENTI DI ITALIA E SLOVENIA
La programmata visita che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella terrà, unitamente al Presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor, alla Foiba di Basovizza nei prossimi giorni è un evento di portata storica.
Non solo un Capo dello Stato italiano verrà ad onorare quel Monumento Nazionale dopo le visite dei suoi predecessori Cossiga e Scalfaro, avvenute, rispettivamente, nei lontani 1991 e 1993, ma sarà la prima volta in assoluto che il massimo rappresentate di uno degli Stati formatisi in seguito al dissolvimento della ex-Jugoslavia si recherà nel luogo maggiormente emblematico per il mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata.
In realtà, la visita del Presidente Pahor è frutto di una lenta ma progressiva e meritevole metabolizzazione della storia del giovane Stato da lui governato.
La Slovenia, a cavallo del ’45, è stata teatro di una guerra civile prima palese e poi strisciante che ha visto disseminare sul suo territorio più di 600 tra cave, grotte, fosse e foibe dove hanno trovato la morte per mano comunista migliaia di vittime, non certo e non solo di etnia italiana.
Sempre la Slovenia ha aderito, possiamo dire fin da subito, ad un processo di integrazione con l’Unione Europea all’insegna della ricerca di un equilibrio stabile e pacifico con i suoi Stati confinanti. Prova ne è stato anche il Concerto dei Tre Presidenti di Italia, Croazia e Slovenia promosso e diretto da Muti a Trieste nel luglio di dieci anni fa alla presenza, appunto, di Napolitano, Türk e Josipović.
Sempre sulla medesima lunghezza d’onda va interpretata la lodevole Legge dei Torti, approvata dal Parlamento sloveno circa venti anni fa – il cui scopo era proprio quello di offrire una riparazione, per quanto possibile, ai torti subiti dai cittadini in seguito alle persecuzioni del precedente regime – applicata anche per molti Esuli ritenuti vittime dell’oppressione comunista. Una legge che di certo non potrà dare soddisfazione per le angherie, le violenze, lo sradicamento ed i soprusi subiti, ma che, indubbiamente, segna una rotta quanto mai chiara circa il doveroso rispetto per i diritti alla base di una degna civiltà.
La visita di Pahor a Basovizza, dunque, non può che essere salutata con grande ed atteso compiacimento da tutto il nostro mondo, poiché essa costituisce un riconoscimento esplicito della pulizia etnica, perpetrata dall’ex-Jugoslavia, proprio da uno Stato erede di quella Repubblica Federale Socialista.
Come si evince dal programma, le visite di Mattarella e Pahor a Trieste non si fermeranno alla Foiba di Basovizza. I due Presidenti renderanno omaggio al monumento sito nel borgo di Basovizza in memoria di quattro terroristi nazionalisti della minoranza slovena giustiziati in seguito ad una sentenza di un tribunale speciale nel 1930. Proseguiranno con una cerimonia per il conferimento alla comunità slovena dell’ex-albergo Balkan, distrutto in un rogo dopo violenti scontri tra la popolazione a Trieste, frutto delle forti tensioni nazionalistiche del 1920 scatenatesi all’indomani dell’uccisione per mano pan-jugoslavista a Spalato di due ufficiali della Regia Marina. Infine, saluteranno altre autorità cittadine e regionali presso la Prefettura.
Una giornata estremamente densa di avvenimenti.
La Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati ha già maturato da tempo il proprio giudizio storico sia sul rogo del Balkan, sia sull’esecuzione della sentenza dei quattro nazionalisti sloveni e non è intenzionata a cadere in polemiche di retroguardia, il cui effetto finale sarebbe unicamente la produzione di sterili controversie dialettiche, tese ad acuire e rinfocolare tensioni e frizioni in un tessuto sociale ancora oggi estremamente delicato, seppure a cento anni di distanza dall’accadimento di tali eventi.
Infatti, la dialettica storica si traduce, inevitabilmente ed in alcune circostanze come queste, in strumentalizzazioni politiche o, peggio, nazionalistiche, dove la sacralità della vita umana passa irreparabilmente in secondo piano, così come passa in secondo piano il desiderio di rispetto “da offrire” per chi abbia sentimenti e pensieri diversi dai nostri e “da richiedere”, con altrettanta fermezza, per la nostra storia e la nostra dignità.
Il punto chiave non ha il centro in queste polemiche ma, piuttosto, nell’onore che Pahor e Mattarella esprimeranno per le vittime delle Foibe e per l’Esodo Giuliano-Dalmata simbolicamente racchiusi al Monumento Nazionale della Foiba di Basovizza. È questo gesto che ne segna la cifra e la sua basilare importanza prospettica.
Per anni, fin dai primissimi del dopoguerra, il nostro mondo è stato silenziato, emarginato, annullato, travisato, accusato senza ragione ed è solo da qualche anno che la tenacia degli Esuli e dei loro discendenti sta riuscendo a perforare un muro di omertà che comincia sui libri di studio e finisce negli sportelli della Pubblica Amministrazione, dove ancora oggi, chi è nato in Istria, Quarnaro e Dalmazia vede sui propri documenti l’attestazione di una diversità non cercata e, con essa, constata una permanente e diffusa ignoranza.
Perché la storica visita dei due Presidenti alla Foiba di Basovizza non sia pura formalità ma concreta iniziativa volta a riparare torti subiti da più di settant’anni, deve trasformarsi in azione propositiva che veda, in primis, la definizione una volta per tutte dei punti portati al Tavolo Governo–Esuli, istituito alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, fin dalla riunione del 12 febbraio 2015 e prima ancora.
È necessario che le più alte Cariche dello Stato imprimano una svolta politica a temi che si trascinano senza che mai una giusta e dignitosa conclusione sia elaborata, poiché noi, mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata, siamo trattati immancabilmente come figli di un dio minore.
Le “nostre” istanze vengono considerate successive e conseguenti a continue emergenze che, anno dopo anno, affliggono la nostra Patria: dalla sciagura del Vajont ad una crisi petrolifera, dalla crisi economica ad un terremoto, dal cambio di un Governo (per cui tutto ricomincia daccapo come se il “prima” non fosse mai successo) alla comparsa di un’epidemia. Le “nostre” istanze vengono sempre “dopo”, poiché “prima” di noi esiste sempre un’altra emergenza.
Ma la frustrazione nel sentirsi percepire come “non urgenti”, nonostante le celebrazioni formali che copiosamente riempiono il panorama mediatico e politico a ridosso del 10 febbraio, non fa venire meno l’urgenza dell’assolvimento da parte di una Nazione, nostra per nascita e per scelta, di compiti stabiliti da Trattati internazionali, poiché ne va della sua stessa dignità.
Uno Stato civile onora i suoi debiti. Ed il debito nei nostri confronti non è ancora estinto.
Non basta far passare il tempo sperando nell’oblio e nella dimenticanza, perché un reato resta tale nella storia anche quando il suo autore muore.
L’annunciato evento che vedrà Pahor e Mattarella protagonisti, tanto atteso dal mondo dell’Esodo, affinché non sia pura formalità impone l’attivazione proattiva dei due Stati a nostro favore.
Se il Balkan viene conferito alla comunità slovena di Trieste, non si può non attendere la restituzione dei 179 beni lasciati in libera disponibilità dei cittadini italiani Esuli ex-proprietari, come previsto dall’Accordo di Roma del 1983.
Analogamente, alla visita su una Foiba da parte del Presidente Pahor e, domani, si auspica, di altri Presidenti, chiediamo che segua una stagione in cui sia possibile onorare liberamente con una stele, un’iscrizione multilingue o un segno religioso i tanti luoghi sul territorio sloveno che testimoniano il martirio di persone uccise in maniera barbara, senza che piccole autorità locali lo impediscano in nome di chissà quale logica divisiva.
Chiediamo che lo Stato italiano attivi un processo per un “equo e giusto indennizzo” il quale, seppure insufficiente nella riparazione di un torto atroce – come è stato l’utilizzo dei beni privati per il pagamento di un debito di guerra di uno Stato – lenisca almeno in parte un diritto fondamentale sancito nel Trattato di Parigi del 1947 e violato dall’Italia senza reticenza alcuna.
Chiediamo che l’utilizzo dei fondi dovuti da Slovenia e Croazia a causa del Trattato di Osimo ripaghino gli “aventi diritto” e, ciò che avanza, sia incardinato in una Fondazione degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati in maniera inviolabile, dai cui proventi dar vita ad attività per il mantenimento della Memoria storica degli italiani-italofoni dell’Adriatico orientale.
Chiediamo l’integrazione e l’ampliamento della “Relazione della Commissione mista storico-culturale italo-slovena”, redatta nel 2000, attraverso l’istituzione di una nuova Commissione internazionale con la presenza di personalità del mondo accademico provenienti dall’Italia, dalla Slovenia e dalla Croazia.
Chiediamo al nostro Stato, come già più volte abbiamo avuto modo di rimarcare, la costituzione di una Commissione Parlamentare sulla strage di Vergarolla, presso Pola, essendo avvenuta nell’agosto del 1946, in tempo di pace, ed essendo la più grande strage su suolo italiano mai avvenuta dal dopoguerra ad oggi, per la quale non è mai stata condotta un’indagine ufficiale dalle Autorità italiane, eppure, le stragi, come noto, non vanno mai in prescrizione.
Chiediamo la rappresentanza in Parlamento di una personalità proveniente dal mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata – che sia senatore a vita oppure eletto in altra maniera – sia per un senso di equità, sia in riparazione al torto subito per la non partecipazione al Referendum del ’46 delle Province di Gorizia, Triste, Pola, Fiume e Zara, italiane fino al 15 settembre 1947.
Auspichiamo vivamente che l’evento storico in programma prossimamente alla Foiba di Basovizza non resti, nel futuro, una citazione inerte sui libri di storia, ma costituisca una svolta per la quale migliaia di persone delle nostre Associazioni hanno lavorato, con dedizione, con spirito di sacrificio ed abnegazione, per amore ad un Ideale ed alla propria Terra, senza mai rompere neppure un vetro di una finestra.
Roma, 1° luglio 2020
Il Presidente di Federesuli Dott. Antonio Ballarin